L’Etna Distretto spumantistico. La voce dell’Etna
Champagne, per brindare a un incontro
Così cantava Peppino di Capri nel lontano 1973.
Gli anni sono trascorsi, lo charme delle bollicine più famose di Francia detta ancora mode e rituali. Ma il re delle feste non si è accorto che attorno al suo terroir si è creata una schiera di concorrenti, avidi usurpatori di fette di mercato.
Spumanti e prosecchi dilagano in tutto il mondo, a suon di stappate, di docce (non è elegante, direbbero i francesi) e di anidride carbonica, rilasciando piaceri in tutte le gole, gaudio in tutte le menti.
Prove su prove, esperimenti su esperimenti, ettolitri andati perduti, bottiglie spaccate in pezzi.
Ma dove il tempo e la pazienza hanno avuto carta bianca, lì qualcosa è andata oltre.
Così l’Italia può vantarsi di una pregiata produzione di vini-spumanti che adulano papille in effervescenza, prudono sui nasi “alla francese”.
Banale, oltre che fuori luogo, sarebbe raccontarvi dei prosecchi, elogiare i riesling, decantare le virtù di un Ferrari trentino o di un collo verde di Valdobbiadene.
Mi è oscuro se voi partenopei vi siate cimentati in una simile impresa, quindi spero non me ne vorrete se parlerò esclusivamente di una nostra creatura che sgambetta per emergere nel panorama della frizzantezza. Dunque, non impermalitevi se questo ricamo di parole sarà marchiato Etna.
Pur sempre liberi di voltare pagina!
Il nostro vitigno principe è il nerello mascalese, quello col mantello violaceo, lo stesso da cui estraiamo perle di vino che tutto il mondo c’invidia (pensate che da poco è stato sventato un piano internazionale che voleva distruggere tutte le viti!); ma il signorino, dovete sapere, non è buono solo a produrre doc Etna: con i suoi grappoli, dalla forma inclassificabile, con il suo carattere vulcanico, siamo riusciti a cavarne fuori uno spumante niente male.- almeno così dicono. Certo, c’è ancora da lavorarci su ma i risultati ottenuti fin d’ora fanno ben sperare. Tant’è che giovedì scorso 9 dicembre, all’interno di un programma denominato “Coltiviamo sviluppo” , tutti i produttori vitivinicoli etnei si sono precipitati al Picciolo Etna Golf per partecipare ad una conferenza il cui protagonista era proprio lo spumante.
Piero Di Giovanni, moderatore, organizzatore e prima di tutto enologo (uno di quelli che abbiamo strappato alla Sicilia d’Oriente, l’ideatore dei vini Quantico e un podista d’eccezione) ha davvero fatto centro: enologi di “alto borgo” hanno estasiato gli astanti con relazioni specifiche sulla spumantizzazione sull’Etna, accattivando la curiosità di chi non può ancora vantarsi di avere le bollicine nel proprio parterre. Non tutti, infatti, hanno abbracciato con affetto la possibilità di spumantizzare i vitigni del vulcano ma, a sentire gli esperti, il clima della sala da scettico è diventato fiducioso. Vinificare in bianco le uve rosse non è più una novità, certo, ma trasformare nettari violetti in paglierini esuberanti comporta un po’ di manovre in più. Si parte naturalmente dal vigneto, dalle cure ai grappoli che-contrariamente alla consueta pratica- non devono raggiungere un’elevata gradazione zuccherina dunque, poca defogliazione e raccolta anticipata per evitare l’eccessiva colorazione prodotta dagli antociani. In fase di vinificazione… 8-9 acidità totale, 3 acido malico, proteine e pruina che producono spuma…vabbè, onde evitare di dirvi sciocchezze e dovermi un giorno sentire responsabile di fallimenti spumantistici per avervi fornito indicazioni tecniche errate-pur sapendo che nessuno accoglierebbe nelle sue vigne e nelle sue cantine le mie informazioni a braccia aperte, ci mancherebbe!- vi suggerisco di cercare le relazioni eccelse di Carlo Casavecchia e Joseph Reiterer che si sono rispettivamente occupati degli spumanti ottenuti da uve a bacca rossa e di uve a bacca bianca. È certamente meglio!
Tuttavia, con grande dispiacere, devo dirvi che non ho potuto partecipare alla fase conclusiva della giornata, quella in cui le migliori cantine etnee hanno messo a disposizione degli ospiti le proprie bollicine. Mannaggia! Ma, come era prevedibile, è stato un trionfo di piacere.
Dunque, carissimi cugini d’oltralpe, sarebbe bene che la smetteste di arricciare i nasi adunchi e riconosceste le peculiarità dei vostri competitors. E, se proprio la voleste fare bene-certo noi non ci crederemmo se ce lo raccontassero, è ovvio!- non ci dispiacerebbe se i vostri Pinot e Chardonnay stendessero il tappeto rosso a Nerelli e Carricanti. Ma forse è chieder troppo a chi conosce solo la prospettiva che guarda “dall’alto in basso”.
MARZIA SCALA