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Wiegner Wine. La Voce dell’Etna


Wiegner wine

Dopo la lunga pausa intercorsa tra l’inebriante effetto provocato da le Contrade dell’Etna e quello del susseguirsi di feste, incontri, cin cin e ricorrenze -periodo lungo il quale la Signora non ha smesso di dare spettacolo: le sfumature iridescenti dei suoi continui colpi di testa ancora virano tra il bianco, il rosso, il nero- non posso esimermi dal pennellare una nuova tela: eclettica, assoluta, folle.
“ Eolo sussurra sulle marche rampanti e d’argento tinge l’olivo di Boemia.” Marzia Scala
Il distintissimo artista in oggetto, autore di un’opera dettagliata, furba e precisa qual è quella di cui ho avuto l’onore di godere è un certo Peter Wiegner che ricorda fin nei dettagli le stravaganze del quartiere di Montmartre de Paris. Vigneti disciplinati come cadetti si stagliano impettiti davanti a quel particolarissimo generale che li piega a suon di guyot o a colpi di cordone speronato. Dipende. Dalle esigenze di ogni vite, dalle necessità di ogni vitigno che è stato ambiziosamente piantato in un terroir in grado di accogliere le personalità più delicatamente complesse: dal fiano all’aglianico, fino al cabernet franc. Non se ne faccia meraviglia il lettore, ché la terra vulcanica non accoglie nerelli e carricanti soltanto. E con la consapevolezza ragionata, pur in mezzo alle insidie prepotenti di fiumi di pietre (ah, se le potessimo vendere!), alle logiche di prezzi altalenanti, con i funghi pronti all’attacco, le intemperie con l’ascia in mano, Peter Wiegner ha guardato la palette dei suoi colori e ha intinto il pennello in tonalità stravaganti. Vitigni che fanno da contorno alle bottiglie di mascalese in purezza rese vermiglie dal luminoso carro di Apollo. Tra trifoglio, finocchietto e lupini, a macchiare ad arte il nero lavico, i nerelli vigneti di arbusti possenti e fusti giovanissimi si scambiano le cure premurose, puntuali, costanti e attente di un uomo che vaga da un terreno all’altro per accertarsi che rame e zolfo proteggano, che le zappe arieggino, che le forbici rinvigoriscano, che lo stallatico nutrisca. E in questo vortice affatto confuso, per nulla disordinato si percepisce il sapore di quello che verrà: un vino armonico e avvolgente che migliora di anno in anno, affinandosi in legno di rovere, albergando sei mesi in bottiglia. È un processo scrupoloso quello che Peter mette in moto per il suo nerello un po’ apolide proveniente da TRETERRE, quelle stesse da cui estrae il meglio per ottenere le caratteristiche che lo rendono affascinante agli occhi dei consumatori. Ma, d’altronde, che aspettarsi da un vitigno cresciuto sotto l’ala (vola sempre!) di un uomo di origine e precisione svizzera, vissuto in Toscana e unito (la signora Puccetti è della Garfagnana) alla madre patria del vino italiano, rapito dal fascino del vulcano attivo più alto d’Europa?
È una sensazione strana quella che ho percepito visitando la tenuta Wiegner-Puccetti: all’inizio sono stata investita da un senso di spossatezza regalatomi dalla perfezione a cui non sono abituata, per poi essere sconvolta dalla bellezza delle vigne, dai grappoli in fiore e dall’atmosfera da sogno antico data da quell’accento toscano che raccontava concretezze legate alla luna. Perché lì il vino viene imbottigliato a seconda delle movenze del faro della notte. Perché lì sanno ospitare non solo le viti ma anche i visitatori. Perché tra le note di ribes nero percepibili al palato si intravvedono gli uomini, la passione e una famiglia. Perché tutto è un fiorire di profumi. Perché in questo intreccio di cultura, originalità e pathos troneggia un olivo di Boemia che fu in mano ai predecessori.
Sull’Etna crescono i tralci.
Azienda Agricola Puccetti Laura
c/da Marchesa n.1 95012 Castiglione di Sicilia (CT)
peter.wiegner@live.it
info@wiegnerwine.com
www.wiegnerwine.com

Marzia Scala

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