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Le triple A, tredici anni dopo.


Le triple A, nascevano nel 2001 per opera di Luca Gargano sulla scia di una crescente idiosincrasia nei confronti della standardizzazione dei vini. Una sorta di grillismo vitivinicolo che oggi raggruppa diversi produttori internazionali di chiara e comprovata fama, tra cui, solo per citarne alcuni: LUIGI TECCE, DE MOOR, ALESSANDRO DETTORI, BALLORIN et Fils, PIERRE MOREY, CALABRETTA, STEFANO BELLOTTI,SASA RADIKON, IAGO BITARISHVILI e molti altri ancora.
Una Renaissance del vino, che ritiene di poterlo rappresentare in maniera più”umana” e vera al consumatore imbonito per decenni.
Una sorta di SParkerizzazione del gusto e dell’ideologia.
Il movimento triple A, che notoriamente sta per Agricoltori, Artigiani, Artisti si proponeva quindi un nuovo modo di intendere la viticoltura e dopo mille comprensibili difficoltà è oggi una realtà stimata ed affermata. Si è dotato di un proprio manifesto e catalogo e
per l’appunto il manifesto recita che, per ottenere un grande vino, ad ogni produttore occorrono 3 doti basilari riassumibili nelle 3 A di:
“A” come Agricoltori
•soltanto chi coltiva direttamente il vigneto può instaurare un rapporto corretto tra uomo e vite, ed ottenere un’uva sana e matura
•esclusivamente con interventi agronomici naturali
“A” come Artigiani
•occorrono metodi e capacità “artigianali” per attuare un processo produttivo viticolo ed enologico che non modifichi la struttura originaria dell’uva, e non alteri quella del vino
“A” come Artisti
•solamente la sensibilità “artistica” di un produttore, rispettoso del proprio lavoro e delle proprie idee, può dar vita ad un grande vino dove vengano esaltati i caratteri del territorio e del vitigno

Da queste considerazioni iniziali si ricava un decalogo, le cui regole devono essere rispettate da chi voglia produrre vini Triple “A”.
Ed il decalogo recita perentoriamente:
I vini Triple A possono nascere solo:
•da una selezione manuale delle future viti, per una vera selezione massale.
•da produttori agricoltori, che coltivano i vigneti senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi rispettando la vite e i suoi cicli naturali.
•da uve raccolte a maturazione fisiologica e perfettamente sane.
•da mosti ai quali non venga aggiunta né anidride solforosa né altri additivi. L’anidride solforosa può essere aggiunta solo in minime quantità al momento dell’imbottigliamento.
•utilizzando solo lieviti indigeni ed escludendo i lieviti selezionati.
•senza interventi chimici o fisici prima e durante la fermentazione alcolica diversi dal semplice controllo delle temperature. (Sono tassativamente esclusi gli interventi di concentrazione attuati con qualsiasi metodo).
•maturando sulle proprie “fecce fini” fino all’imbottigliamento.
•non correggendo nessun parametro chimico.
•non chiarificando e filtrando prima dell’imbottigliamento.

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Significativo ci pare il loro grido di allarme lanciato lo scorso anno in occasione del decennale e quanto mai attuale:

“La lobby del vino industriale, tecnologico e non tecnico, ha utilizzato tutte le armi a sua disposizione per impedire questo rinascimento. La stampa (i vini naturali puzzano…) e gli organismi statali preposti al controllo della produzione agricola (vedi il sequestro presso Bulzoni di Semplicemente Vino e relativa ammenda di 6000 euro per aver scritto la verità sullo scaffale, o la cancellazione della Doc al più bel vigneto di Gavi, Filagnotti, per aver piantato nei filari alcuni alberi di pesco…) hanno svolto opera di intimidazione tipica della sindrome di Ceausescu, che colpisce i detentori del potere negli ultimi giorni del regime e li porta a compiere i crimini più efferati.
Ma quando l’onda parte non si può più fermarla, e allora la loro prossima mossa sarà quella di cavalcarla.
Le nuove leggi europee permetteranno a un vino biologico di essere prodotto con i lieviti ogm! Tra pochissimi anni tutti i vini saranno biologici.
Questo è il progetto, frutto di un mondo malato che non sa vedere nulla oltre il suo portafoglio.
Le Triple A sono dall’inizio già avanti. Il nostro protocollo ci ha permesso dal punto di vista oggettivo di separare il vino dalle bevande che per legge possono comunque fregiarsi di questo nome, e con l’esperienza e la degustazione di selezionare tra i Vini quelli che rappresentano meglio il terroir da cui provengono. I vini Triple A sono dissetanti, producono convivialità, sono l’espressione suprema del savoir faire umano e simbolo tangibile delle forze d’amore che, partendo da un gesto agricolo positivo, arrivano a chiudere in una bottiglia il soffio del vento, la luce del sole, il respiro della terra, le migliaia, milioni di sentimenti e gesti che sono avvenuti in quel vigneto… E che, versata nel bicchiere, fa schioccare la lingua e brillare la pupilla”….insomma è bello come a riveder le stelle!

Gianluigi Carlino

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