La Campania alla guida di Slow Food Italia: Il tecnologo alimentare Giuseppe Orefice è stato elettonel nuovo esecutivo nazionale dell’associazione della Chiocciola
«Affronto questa nuova sfida con la consapevolezza che i prossimi anni saranno determinanti per Slow Food. Avremo tutti insieme la possibilità di accrescere il numero di persone che, attraverso la ri-creazione di comunità locali, si batteranno per sistemi di produzione e distribuzione del cibo più giusti». È con queste parole che Giuseppe Orefice, tecnologo alimentare, 42 anni, da sempre impegnato nel settore della multifunzionalità in agricoltura e delle fattorie sociali e didattiche, curando pubblicazioni e manuali tecnici sull’argomento, ha accolto oggi il suo nuovo incarico nel Comitato Esecutivo di Slow Food Italia, che ha riunito 650 delegati a Montecatini Terme per il IX Congresso nazionale.
Orefice nel 2009 è entrato in Slow Food fondando la condotta Massico e Roccamonfina. Prima di ricoprire il ruolo di presidente di Slow Food Campania e Basilicata è stato responsabile regionale del progetto educazione. È formatore nell’ambito del progetto Orto in Condotta e docente Master of Food.
«Stiamo vivendo una fase storica della nostra Associazione che segnerà la strada per un futuro straordinario, in Italia come nel mondo. La dichiarazione di Chengdu, Cina ottobre 2017, con le mozioni approvate a sostegno della nostra nuova via, rappresentano una linfa vitale che ha rinnovato molti entusiasmi nei territori in cui Slow Food è presente e dove la sua attività è stata al centro di iniziative importanti. Da quel momento, in tutte le nostre Condotte, in tutti i consessi regionali, all’interno del nostro Consiglio nazionale, le parole rinnovamento, inclusività, apertura, ascolto, sorriso, disponibilità, hanno acquisito nuova forza nei dialoghi e nei confronti e dovranno continuare a farlo per portare la nostra rete italiana a presentarsi degnamente al prossimo Congresso Internazionale del 2020. Ci impegniamo a far nostri i temi delle mozioni, dei documenti e dei contributi che sono stati depositati da diverse parti d’Italia durante il Congresso sui temi delle migrazioni, della giustizia del cibo che consumiamo, del sostegno della rete dei giovani, dell’agricoltura sociale, della riqualificazione ambientale, della mobilità sostenibile così come della lotta a qualsiasi tipo di sfruttamento ambientale, umano e sociale nel sistema produttivo agricolo dei nostri territori. Il nostro modo di guardare alla biodiversità è stato e continua ad essere unico nel mondo, al confronto con la moltitudine di associazioni ed organizzazioni che lavorano sulla conservazione della biodiversità con le quali pure già collaboriamo e sempre più collaboreremo. Questa ricchezza dovrà essere al centro della nostra attività attraverso il nostro progetto dei presìdi, lo sviluppo dei mercati della terra, il consolidamento della rete dell’alleanza dei ristoratori. Ma anche attraverso il rafforzamento delle reti territoriali così come quelle tematiche che stanno svolgendo e possono svolgere un ruolo fondamentale nel nostro Paese, soprattutto in aree con specifiche fragilità. E questo impegno dovrà convergere in modo ancora più forte nell’ambito delle campagne internazionali come quella sugli orti in africa che ci hanno già visto impegnati negli anni scorsi o quella sul cambiamento climatico che merita una strategia attenta a partire proprio dai nostri territori con la consapevolezza di come si svolge a livello globale».
Chiamati a dirigere l’Associazione nel percorso di rinnovamento che porterà al Congresso del 2020, i sette componenti portano in dote la loro variegata esperienza nella rete Slow Food italiana. Insieme a Orefice:
Massimo Bernacchini, cinquant’anni, vive e lavora a Orbetello, dove è attivo nel mondo della cooperazione e della pesca. Dal 2006 è membro della Segreteria Regionale di Slow Food Toscana e consigliere nazionale;
Giorgia Canali, classe 1986, vive a Cesena dove lavora come giornalista. Nel 2010 viene eletta fiduciaria, contribuendo alla nascita della Rete giovani di Slow Food in Italia;
Antonio Cherchi, sassarese, 63 anni, commercialista, vive e lavora a Modena. Dal 2010 al 2014 è stato presidente di Slow Food Emilia-Romagna; dal 2015 ha ricoperto l’incarico di Tesoriere e consigliere nazionale;
Silvia De Paulis, agronoma, dal ’98 al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dal 2009, dopo il terremoto che ha sconvolto L’Aquila, ha contribuito alla realizzazione prima del progetto 10 orti per 10 tendopoli e poi del Mercato Contadino;
Gaia Salvatori, classe 1989, componente della rete giovane di Slow Food Roma. Laurea in Comunicazione nel 2012 e specialistica in Marketing. In Cile lavora con Slow Food allo sviluppo dei Mercati della Terra, mentre oggi in Perú segue un progetto di conservazione produttiva della foresta amazzonica.
Francesco Sottile, agronomo, insegna Biodiversità e qualità delle colture agrarie all’Università di Palermo. In Slow Food ha cominciato vent’anni fa dal mondo dei Presìdi siciliani allargando sempre più la propria collaborazione sul piano tecnico e associativo anche all’estero.
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«In questi 30 anni della vita di Slow Food, in qualsiasi evento che l’associazione abbia organizzato da Terra Madre Salone del Gusto a Cheese, da Slow Fish a Leguminosa, se in lontananza si sentiva alzare un canto festoso si sapeva che probabilmente era attribuibile a quei “matti” di Slow Food Campania e Basilicata. Canto e cibo per le persone del Sud rappresentano al contempo identità e cultura. Questa voglia di fare comunità, di fare festa, di accordare la propria voce a quella degli altri è ciò che della mia terra vorrei portare dentro Slow Food Italia, la nostra è un’associazione che nasce sui valori del “piacere” e della “convivialità”, oggi ne abbiamo un estremo bisogno, abbiamo bisogno di ricreare comunità di destino, camminare e lavorare insieme a loro. Nelle campagne del Sud Italia capita ancora di sentire i contadini cantare per scandire il ritmo del lavoro e alleviarne la fatica, abbiamo canti legati alla semina, alla cura, al raccolto. Se dovessi usare un’immagine tratta da questo vissuto, vorrei poter ascoltare le tante voci dei soci di Slow Food Italia cantare all’unisono» ha dichiarato Orefice.
«Slow Food prima di ogni altra organizzazione a livello mondiale ha capito che l’agricoltura, la biodiversità, la cura dell’ambiente e del territorio possono creare economie e consentire ai giovani di crearsi un percorso lavorativo coerente con il proprio progetto di vita. Vorrei poter far conoscere ai tanti giovani delle regioni del sud che oggi vedono come unica alternativa il partire, l’andare lontano da casa per costruire il proprio futuro che un’alternativa è possibile, che già molti loro coetanei la praticano, che è difficile ma non impossibile. Vorrei contribuire a spiegare come si pratica quell’etica della restanza di cui parla l’antropologo calabrese Vito Teti e che è insieme un atto di resilienza, un gesto coraggioso, ma soprattutto un atto di responsabilità nei confronti della propria terra. Cercherò di portare ai giovani ancora titubanti della mia regione la testimonianza che “tutto deve ricominciare, ma tutto è già ricominciato” e che sono tantissime le esperienze di loro coetanei che ce l’hanno fatta, che sono riusciti a cambiare prospettiva, a migliorare il sistema di produzione e distribuzione del cibo, costruendo al contempo un futuro per loro e per la loro famiglia» conclude il nei componente del Comitato Esecutivo di Slow Food Italia.
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