Il grande bluff del vino biologico?
Sono un giornalista, da alcuni anni prestato al settore, non un esperto; sebbene negli anni abbia acquisito una certa sensibilità per aver bevuto migliaia di vini ed aver girato tantissime cantine europee non sono all’altezza di entrare in tecnicismi che tra l’altro neanche mi competono ed interessano. Un giornalista che parla del vino deve raccontare a 360° il mondo che ha deciso di analizzare. Non per giudicare dare punteggi e bla bla, ma osservare e trovare spunti.
Premesso ciò, di recente mi ha molto colpito e quindi incuriosito questa spasmodica corsa alla conversione biologica di tante aziende anche “industriali”; francamente non capivo la facilità con cui ciò potesse accadere. Tutto questo improvviso “virtuosismo” era frutto di cosa, o meglio dettato da cosa? Semplice: da un disciplinare al solito permissivo, ma che nella comune percezione non si intuisce ed allora, utilizzando il visual degli amici di “Sorgente del vino” ecco in bella mostra ciò che è consentito per il biologico, il convenzionale, il biodinamico e il naturale, premettendo che per il vino naturale non esiste ad oggi un disciplinare.
Ciò che mi ha colpito in particolare nel disciplinare BIOLOGICO, è la possibilità di utilizzare il procedimento dell’Osmosi inversa che è un procedimento tecnico terribile dove alla materia prima, può accadere praticamente di tutto.
Ci hanno fatto credere per anni, imponendolo in etichetta, che la questione fondamentale fosse quella dell’anidride solforosa che è utlizzata come tutti sanno, come conservante in molti alimenti; il vero problema è (oltre all’uso della chimica in vigna) quello degli additivi consentiti sia nel disciplinare del vino convenzionale che quello biologico, cioè uva non sane che vengono in tal modo ugualmente vinificate. La qual cosa non accade nei vini naturali dove solo uve sanissime possono essere poi vinificate.
Nelle varie degustazioni incontri dibattiti etc, capita sempre più spesso, a precise domande, di imbattersi in “vigneron” o meglio salottieri del vino con delega ad un enologo di grido, di sbuffare alla parole “pesticidi, additivi etc”. Si sente da loro affermare ” ma chi lo dice? sono stupidate, non c’è niente di scientifico etc”
Il tutto nella incosapevolezza più assoluta del consumatore che viene imbonito da anni con battage pubblicitari e operazioni di restauro di primo ordine, propinando prodotti di pessima qualità che hanno a che fare (cosa di cui molti dimenticano) con la salute pubblica.
Il vino non è un alimento necessario, è un piacere è vero, ma pur sempre alimento resta, per cui i controlli allo stato attuale e soprattutto l’etica di molti avventori del settore è davvero risibile.
Molti colleghi, opinionisti e faccendieri sono troppo attratti dai salotti, dagli eventi, dalla mondanità che questo settore è stata capace di creare, muovendo una montagna di interessi economici, ed hanno perso interesse a curiosare.
Lo squallore di premi targhe guide riconoscimenti spesso dietro lauto compenso non aiutano il settore, l’aver creato un mondo ovattato quindi irreale, non sposta di una virgola il problema: la salute dei consumatori!
Leggo sempre più spesso articoli contro gli improvvisatori del vino, di chi scrive senza presunte capacità, competenze e bla bla.
Sono francamente più preoccupato degli imprenditori del vino!!! di quelli che ne hanno intravisto una possibilità concreta di fare business “ad ogni costo”.
Ritengo, invece che, proprio grazie a blogger e non addetti alla professione ci sia stato quel salto di qualità che ha permesso che si creasse una coscienza attorno al mondo del vino da decenni ingessata. Che ben vengano i ragazzi e le ragazze sui blog, purchè non cadano anch’essi nella trappola degli inviti delle manifestazioni delle belle serate, occorre mantenere sempre uno spirito critico, sempre!
Chiedo umilmente venia per essermi così dilungato rimarcando che trattasi sempre di spunto per confronti sempre più pregnanti.
Gianluigi Carlino
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