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Grande successo della verticale Taurasi di Luigi Tecce al Gambrinus, ecco il racconto

Una serata piovosa quasi invernale quella di ieri sera, una di quelle in cui vorresti avere fra le mani un calice di rosso per scaldarti un po’. Luigi Tecce ci ha accolti con Romina Sodano e Pasquale Brillante al Gran Caffè Gambrinus per il secondo appuntamento de I Luoghi del Vino, un percorso/progetto delle “Stanze della Cultura”.
Elegantissima la mise en place, le sale risplendevano di luci fra i bagliori dei calici, tavoli per due, 6 calici pronti ad accogliere la prima storica verticale del famoso Taurasi Poliphemo 2005/2010.
Appena ho stretto la mano a Luigi Tecce mi è venuto subito in mente che, se Luigi fosse una canzone, sarebbe stato sicuramente “Creep” dei Radiohead: magro, spigoloso, ruvido, molto schivo, visibilmente imbarazzato, ma è bastato chiedergli del suo vino per vedere i suoi occhi illuminarsi.
Una degustazione insolita, senza regole, ha voluto Luigi, il vino già versato nei calici secondo le annate. Ci ha lasciato libera la scelta da dove cominciare, mentre ci osservava interessato, ma anche sornione.
Un piatto di salumi e formaggi, prodotti del territorio come il Pecorino di Carmasciano in due stagionature, hanno accompagnato la degustazione. Finale a sorpresa con l’Angelica rustica, su ricetta di Romina Sodano, preparata per l’occasione dal Panificio Esposito di Pompei.
Sono stata molto fortunata di essere al tavolo con Maura Sarno – Tenuta Sarno, raffinatissimo il suo outfit, un soprabito grigio in tessuto tecnochic e un tubino nero con sobri trafori alla scollatura.
Maura mi ha guidata nella degustazione, i suoi suggerimenti sono stati davvero preziosi. Sono partita con il calice del 2005 che mi ha subito conquistata, sui salumi era perfetto. Quando ho portato al naso il 2006, una sferzata di rabarbaro e more mi ha raggiunta, non era di mio gradimento, ma Maura Sarno mi ha consigliato di lasciarlo per ultimo, aveva bisogno di tempo per aprirsi. Le successive annate fra cui la 2008 e la 2010 sono state quelle più gradite in abbinamento ai formaggi. Luigi Tecce girava fra i tavoli rispondendo alle domande degli ospiti e sottoponendosi a foto e interviste pazientemente ma , credo, con una gran voglia di tornare alle sue vigne. “La vigna è tutto, la devi amare e mai abbandonare, ha bisogno di cure continue, non devi mai distrarti. Sono un contadino che fa il vino con le mani e con l’anima”….
E l’anima è venuta fuori nel riprendere il calice del 2006: ho cercato nella descrizione dell’analisi sensoriale i vocaboli giusti per descriverlo, ma non li ho trovati, ne ho trovato altri: selvaggio, istintivo, anarchico, come i 4 accordi di Jonny Greenwood nella canzone Creep. Al gusto elegante, caldo, piacevolmente tannico di grande equilibrio, ma non credo sia sufficiente come descrizione, bisogna berlo, lentamente, sorso dopo sorso è una continua emozione.

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racconto e foto di

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Antonella Orsini

 

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