Incontri di gusto:Emiliano Falsini. di Gianluigi Carlino
Incontriamo Emiliano Falsini, uno dei più grandi enologi italiani,recentemente insignito in Sicilia del premio quale migliore enologo italiano. Emiliano vanta collaborazioni tra gli altri con Piaggia, Chiappini in Toscana, Russo e Graci in Sicilia, Fenocchio in Piemonte,Bocale Madrevita in Umbria, Taverna in Basilicata, Farneto in Calabria. Emiliano ci concede amabilmente questa intervista in esclusiva.
G.Carlino, Gustocampania : dall’esterno la professione dell’enologo appare molto più importante di quanto non si possa credere. Non siete solo consulenti insomma, fate molto di più? in relazione a ciò una spiegazione potrebbe essere quella che molti vigneron non lo sono di professione?
E.Falsini : Non credo onestamente che sia solo perchè molti produttori non lo sono di professione, il punto è che oggi la figura dell’enologo consulente assume importanza quando riesce a coniugare vari aspetti della professione, dall’aspetto puramente tecnico di cantina e di vigneto, al sostegno su scelte talvolta strategiche produttive e organizzative fino all’intrattenere relazioni a livello mediatico e commerciali per conto dell’azienda; tutti questi aspetti a mio avviso non devono essere prioritari sulla parte puramente enologica ma sono certamente molto importanti soprattutto per aziende di medie dimenzioni dove talvolta la proprietà ha necessità di una figura a tutto tondo che supporti le attività produttive.
Nel mio caso ovviamente l’aspetto tecnico è basilare ma avendo la fortuna di viaggiare, conoscere, confrontarmi in giro per il Mondo posso aiutare le aziende ad avere una visione un pò più internazionale e consapevole di quello che accade anche in altre realtà produttive sia per quanto riguarda aspetti enologici ma anche su aspetti comunicativi, commerciali e di marketing.
G.C.: qual’è il percorso corretto secondo Emiliano Falsini dal grappolo d’uva alla bottiglia in vendita?
E.F. : Il percorso ideale e che utilizzo in tutte le aziende con cui collaboro è capire quale possa essere lo stile aziendale che la proprietà ricerca, le potenzialità del territorio e le potenzialità della zona e vitigni, dopo il lavoro è abbastanza semplice, occorre assecondare le uve in tutte le sue declinazioni fino ad arrivare a mettere in bottiglia un vino che subisca meno interventi possibili e che rispecchi più possibile lo stile aziendale, il territorio e il vitigno con cui è prodotto.
G.C. : il recente importante premio ottenuto quanto ti gratifica?
E.F. : Molto, innanzitutto perchè è la prima volta che viene assegnato ad un enologo non siciliano, secondo perchè la Sicilia ed il Sud Italia in genere mi affascinano molto e per me rappresentano una parte importante della vita personale e professionale, infine e forse per il motivo più importante perchè è una conferma che il mio modo di intendere il vino e la professione di enologo probabilmente è oggi molto apprezzata.
G.C.: tu sei consulente in tutta italia praticamente, a tuo parere quali sono le realtà ancora non pienamente espresse?
E.F. : Non sò se è ancora non pienamente espressa ma certamente credo che per la qualità dei vini Montefalco ed in particolare il Sagrantino, meriterebbero uno spazio molto più importante nel panorama internazionale. Purtroppo, secondo il mio modesto parere, alcune scelte opinabili negli anni scorsi hanno portato a considerare il Sagrantino un vino difficile e poco piacevole, inviterei molti appassionati a provare alcune vecchie bottiglie del ’98-’99-2000, magari abbinate ad un cibo giusto….probabilmente molti cambierebbero opinione in merito a questa gemma enologica nazionale.
G.C. : come giudichi l’enologia campana? hai qualche realtà che segui in campania?
E.F. : L’enologia campana credo che abbia fatto negli ultimi anni grandi progressi, agevolata anche da una situazione pedoclimatica favorevolissima e da una apertura verso figure professionali che arrivando anche da altre realtà, hanno permesso negli ultimi dieci anni un grande sviluppo in termini qualitativi. Sicuramente la Campania è, per condizioni climatiche e patrimonio viticolo autoctono la regione del Sud Italia che nei prossimi anni potrebbe regalare ancora di più vini di grandissima personalità e unici, la strada è sicuramente segnata grazie anche alla presenza di produttori capaci e professionisti di grande sensibilità, quindi a meno di clamorosi cambi stilistici, la vostra regione sarà certamente protagonista nei prossimi anni futuri.
In Campania al momento non collaboro con nessuna azienda ma conosco abbastanza bene l’Irpinia e con grande onestà lo reputo, insieme all’Etna in Sicilia, il terroir per eccellenza del Sud Italia per cui se trovassi la possibilità di collaborare con aziende serie che producono Taurasi o Greco e Fiano sarei ben lieto di mettere a disposizione le mie conoscenze per ambire a fare dei grandi vini di territorio.
G.C. : si dibatte molto di vini naturali, biodinamica, biologico, qual’è il tuo parere al riguardo? ritieni sia una sterile polemica?
E.F. : In tutto questo io personalmente ho un approccio molto laico, nel senso che grazie a Dio, nel Mondo del vino come in pochi altri settori, c’è spazio per molte forme di espressione stilistica, io non credo che nessuno possa avere la chiave di lettura giusta per il vino e quindi come dico sempre ognuno deve fare il vino ed il percorso che più si sente di fare, ovviamente tale percorso deve essere serio e fatto senza contravvenire a quelli che sono le regole.
Ritornando alla diatriba vini naturali, biologici e biodinamici, con grande franchezza credo che un approccio più naturale, sia esso biologico e ancora meglio biodinamico sia fonte di qualità, ovviamente queste pratiche devono portare alla produzione di uve sane ed in equilibrio, però se con metodi naturali si riescono ad ottenere uve di qualità credo che conseguentemente i vini acquistino maggior carattere, riconoscibilità e in genere qualità organolettiche più interessanti.
Personalmente non seguo alla lettera nessun dettame biodinamico, ma mi piace talvolta utilizzare pratiche enologiche che si rifanno alla biodinamica. Certamente il mio approccio al vino lo definirei naturale, talvolta tradizionale ma sempre attento a quelli che sono gli aspetti organolettici di pulizia, piacevolezza e salubrità del prodotto.
G.C. : è giusto secondo te che il mercato del vino a livello internazionale sia deciso dagli stati uniti con i vari parker etc? loro che si sono affacciati al mondo del vino da poco come hanno potuto anche in questo settore farla da padroni?
E.F. : Non sò se è pienamente giusto ma da che Mondo è Mondo il mercato lo orienta chi compra, e sopratutto è la domanda che orienta coloro che producono ad andare nella direzione del consumatore, questo processo credo che era sopratutto vero qualche anno fà quando anche in America c’era bisogno di figure che potessero giudicare i vini, assegnare dei punteggi per indirizzare i consumatori verso i vini che secondo loro erano i migliori, oggi anche negli Stati Uniti il livello dei consumatori si è elevato molto ed una buona percentuale di consumatori americani hanno già una buona conoscenza, tale da permettergli di non utilizzare e seguire Robert Parket o Wine Spectator. Non ci dimentichiamo che la nostra storia di vini di qualità in bottiglia è giovanissima di 20-25 anni massimo per cui parlare di stile e terroir qualche hanno fà, in molti casi, era pura utopia, oggi anche noi attraverso una maggior presa di coscienza possiamo produrre vini a forte connotazione territoriale e quindi in parte anche noi possiamo orientare i consumatori verso alcuni stili di vini italiani rispetto ad altri.
Alla domanda di come è stato possibile farla da padrone per gli USA, rispondo che il mercato americano ha sempre rappresentato un grande mercato ed ovviamente gli opinion leader americani hanno orientato il gusto sia dei consumatori statunitensi che delle aziende produttrici che poi dovevano esportare in America, questo fenomeno a che se ne dica ha colpito anche Bordeaux che negli ultimi 20 anni ha visto cambiare stile dei vini in maniera drammatica per andare in contro al gusto dei consumatori di oltreoceano.
G.C. : di quale lavoro svolto in una azienda sei veramente fiero?
E.F. : Sono molte le aziende ed i lavori di cui vado fiero, ne cito solo 4 per onor di cronaca:
il lavoro svolto con Giuseppe Russo sull’Etna che ha portato a produrre vini di grande qualità in una zona apparentemente facile ma invece estremamente selettiva e difficile, il lavoro svolto con Piaggia a Carmignano che mi ha visto in prima linea impegnato per riportare l’azienda nel Gotha dell’enologia toscana e non solo, il lavoro di selezione, vinificazione e imbottigliamento dei singoli vigneti sul sagrantino a Montefalco nell’azienda Giampaolo Tabarrini, siamo stati i primi a farlo ed oggi in molti portano avanti questo discorso; infine sempre con Giampaolo Tabarrini e Perticaia sono riuscito a valorizzare una splendida varietà bianca Umbra, il Trebbiano Spoletino che era praticamente scomparso e che oggi grazie ai risultati ottenuti viene reintrodotta da molti produttori della zona.
G.C. : cosa berrai a Natale?
E.F. : Per tradizione nei giorni di Natale si riunisce la famiglia e quale miglior occasione per iniziare con qualche bottiglia di Champagne che non guasta mai, e poi sicuramente del Barolo, un Sagrantino, un Etna Rosso e siccome amo tantissimo il Sangiovese finirò con un Sangiovese di una piccola azienda di Chiusi con cui collaboro che è il Poggio ai Chiari, un esempio cristallino di cosa è questo splendido vitigno toscano.
Colgo l’occasione per augurarti una Sereno Natale a te e ai lettori di Gustocampania.
Emiliano Falsini
Enologo
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di Gianluigi Carlino