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Il rock dell’Etna


LA VOCE DELL’ETNA, Marzia Scala in:

Il Rock dell’Etna

Sparita. Dissolta nel nulla tormentato del blocco della scrittrice.
Mi sono voluta rifiutare anche solo di accendere il pc, di prendere una penna; aprire un foglio di word mi faceva letteralmente tremare e se qualche volta, per qualche oscura ragione, l’ho fatto si è trattato solo di una violenza su me stessa. Ora, non è che il tempo guarisca tutte le ferite (o, forse, si? Ancora non l’ho capito!) ma certo ti mette ansia e il suo progredire inarrestabile, lo scorrere dei giorni sul calendario, il rendersi conto che siamo quasi a metà agosto e il non subire mai fretta dal mio direttore mi hanno fatta sentire una di quelle che ozia. E questo non me lo posso permettere, ecco! Ma la mente è alquanto complessa, come sappiamo, e il pensiero truce di percepirmi inattiva dal punto di vista creativo l’ho compensato fisicamente, come mi è consueto. Consueto, naturale e semplice, oltretutto. Ammetto di esser consapevole che scriver bene mi viene easy ma non posso nascondere –a voi e a me stessa- che è davvero sfiancante. E non c’è maratona che tenga!
Quando un foglio bianco inizia a strimpellare nero s’innesca un meccanismo più complesso di quello dell’aggeggio tecnologico più avanzato, uno di quelli i cui componenti riescono a vivere in spazi ristrettissimi e limitati, insomma; le parti del mio dispositivo, invece, vagano nell’infinito del mio universo rincorrendosi, saltellando, combinandosi in mille e più modi per farmi impazzire. Ce la mettono tutta per farmi perdere quella ragione che spesso devo segregare in un angolo recondito per potermi lasciare avvolgere dal suono costante della mia fantasia. Suono assolutamente capriccioso, è ovvio, che se volessi rappresentare musicalmente sceglierei Le Quattro Stagioni di Vivaldi, Princes of The Universe dei Queen, Try di Pink, Come as you are dei Nirvana; pezzi che potrei ascoltare milioni di volte senza mai stancare l’udito, brani che accendono la miccia della mia potenza mentre aprono il rubinetto delle mie lacrime. Fondamentalmente ho l’anima rockettara io e, quale membro della categoria, necessito di sensazioni opposte che si sovrastano, incastrandosi nel puzzle perfetto delle mie parole.
Mentre ci siamo vi ricordo che la sera precedente Ferragosto nella mia city ci sarà un concerto di un gruppo adrenalinico randazzese che, giustappunto si chiama RandaRock. E aggiungo-quanto sono distratta!- che l’indomani ci sarà la sfilata di una certa struttura che si chiama “A Vara” : in onore della Madonna Annunziata, il giorno di Ferragosto, si vede ancheggiare per Corso Umberto una struttura sviluppata in verticale, a piani “ ornati” di personaggi in costume. Personaggi veri intendo, esseri umani vivi per capirci: pensate che gli angioletti li impersonano bambini infagottati in parrucche di riccioli d’oro, ali candide e abiti celestiali. Non sto scherzando, sia chiaro! Pare che sia uno spettacolo da non perdere. Dico “pare” perché io non mi sono mai buttata nella bolgia dei turisti che scattano, cliccano e flashano. Io me ne sto in disparte, seduta a raccontarvi questo evento imperdibile, a stuzzicarvi il palato con chicche d’interesse, sperando che prima o poi riuscirò a convincervi che l’Etna vale una visita, in qualsiasi momento dell’anno. Adesso, per esempio, se la vede lei che sta combinando nelle sue viscere! È tutta un rombo, un tuono, un sibilo, rossa scarlatta, nera cupa, con quella luce abbagliante del suo continuo sbuffare e contorcersi. Potrebbe anche essere che si stia esercitando con la batteria e certo non ha risparmiato in bassi ed effetti luce o, forse, è in meditazione violenta con quel suo atterrirci ed entusiasmarci incessante.
E mentre ve la spiego, con tutte la retorica che mi appartiene, mi rendo conto che un po’ Le somiglio e che il mio letargo cela sempre movimento.

Marzia Scala

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